Come si è evoluta la diffusione dell’HIV dagli anni 80 ad oggi?
Prima di tutto ripassiamo i due termini che ci aiutano ad inquadrare la tematica: AIDS e HIV.
AIDS (sindrome da immunodeficienza acquisita) è una malattia infettiva causata dal virus HIV (virus dell’immunodeficienza umana). L’azione principale del virus è quella di ridurre le difese immunitarie dell’organismo.
Negli anni 80 le persone affette da HIV avevano un’alta probabilità di non sopravvivere alla malattia, a causa della poca conoscenza del virus e delle sue implicazioni.
Le persone con AIDS ricoverate nei reparti di malattie infettive, spesso molto giovani e con legami familiari spezzati, avevano scarsissime possibilità di ripresa e l’accoglienza post ricovero cercava di accompagnarle con la vicinanza e nei modi che oggi conosciamo come cure palliative. Poi sono arrivati farmaci antiHIV sempre più potenti che hanno man mano cambiato le prospettive di vita per molte persone.
I dati oggi ci restituiscono un quadro decisamente migliore.
Chi si cura presto e bene, anche se non guarisce del tutto (non è ancora possibile), vive la stessa vita di tutti e (se la carica virale non è rilevabile, il rischio di trasmissione è nullo U=U undetectable=untransmittable).
Inoltre, l’incidenza di nuove diagnosi di HIV è in continua diminuzione. Nel 2020*, sono state segnalate 1303 nuove diagnosi, pari ad un’incidenza di 2,2 nuovi casi per 100.000 residenti.
La trasmissione più alta si verifica nelle fasce d’età 25-29 anni, la maggioranza attribuibile a rapporti sessuali non protetti da preservativo, che costituiscono l’88,1% di tutte le segnalazioni.
Questi dati ci dicono che sebbene la situazione sia estremamente cambiata in questi 40 anni, è ancora necessario sensibilizzare le giovani generazioni per renderle consapevoli e responsabili.
Dagli esordi della malattia la rete Caritas, profondamente intrecciata con la nostra Cooperativa, si è fatta prossima alle persone con HIV mettendo in atto in molte Diocesi italiane progetti di assistenza e di prevenzione. Da qui la nostra struttura Centro don Isidoro Meschi, che dal 1992 ha accolto 242 persone, di cui 75 lì decedute (53 nei primi 10 anni)
Ma se la malattia ha superato la sua fase di urgenza perché mantenere una Casa alloggio per persone con HIV/AIDS?
Perché ancora oggi hanno bisogno di una accoglienza calda e professionale persone con multiproblematicità sanitarie e sociali, persone segnate nel corpo e nella mente da decenni di malattia, persone invecchiate con l’HIV, persone con diagnosi recenti di infezione, ma già con patologia avanzata perché “proprio non se l’aspettavano”. Una casa tra le case per rispondere a quell’uomo e donna malmenati dal virus e dalla vita che incontriamo ancora sulla nostra strada.
Ma come si è evoluta la percezione da parte della società, rispetto a questa tematica? Ne parleremo durante la rassegna cinematografica “il nastro rosso. AIDS: la sua evoluzione dagli anni 80”.
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* I dati relativi al 2020 sono i più recenti a disposizione, “ma hanno risentito dell’emergenza Covid-19 in modi e misure che potranno essere valutati correttamente solo verificando i dati dei prossimi anni” (dal sito dell’Istituto Superiore di Sanità)
