BUONGIORNO, COME STA? LA PROSSIMITA' AI TEMPI DEL COVID

BUONGIORNO, COME STA? LA PROSSIMITA' AI TEMPI DEL COVID

Lucia Buizza, assistente sociale nell’ambito del Servizio Famiglia e Territorio Comune di Lecco racconta le conseguenze della pandemia che ha colpito le nostre comunità, la reattività degli operatori che l’hanno vissuta sul campo e gli effetti benefici di quel semplice “Buongiorno, come sta?”

Buongiorno, come sta?
Abbiamo un problema. Da domani non abbiamo più la possibilità di lavorare nelle nostre tre sedi. Si potrà accedere esclusivamente alla sede centrale e le assistenti sociali saranno solo 3 in servizio.-
E le altre cosa faranno? E le persone?
Non si potrà più vedere nessuno. Gli uffici saranno chiusi al pubblico se non su appuntamento solo per situazioni urgenti.
Ok, e adesso? Sto famoso coronavirus ci ha colpito così, nessuno era pronto, nessuno immaginava come sarebbe stata la vita famigliare e lavorativa da quel giorno.
Da bravi operatori sociali, abituati al “fare” e a “dare risposte” non potevamo fermarci alle regole date, bisognava agire, e ognuno ha iniziato ad immaginare non solo quelle pratiche burocratiche in sospeso che dovevano concludersi entro una scadenza, ma a quei volti che incrociava ogni giorno, ogni settimana, una volta al mese…
Come avrebbe fatto la sig.ra sola ad andare a prelevare la propria quota di reddito di cittadinanza? E quello che ha trovato nel prete e al bar i suoi punti di riferimento, come avrebbe fatto senza potervi accedere? E quel sig.re che non riesce a stare in casa e che cammina per tutta la città, chi glielo avrebbe spiegato che sarebbe dovuto uscire il meno possibile? E quella famiglia che non parla bene l’italiano come avrebbe fatto a seguire i compiti dei propri figli da casa, senza un PC e senza nemmeno una connessione adeguata?…

Ognuno ha pensato ai volti che conosceva, alle storie che aveva trattato per lungo tempo, a volte con delicatezza nei momenti più fragili e a volte con più vigore, quando era necessario prendere una decisione che sembrava non arrivare mai…
Ognuno ha pensato al proprio lavoro e ha visto un radicale cambiamento… Se anche il servizio sociale comunale chiudeva, la questione di questa pandemia fino a quel momento osservata da lontano era, ora, esageratamente vicina.
Abbiamo preso il nostro elenco di famiglie in carico, abbiamo ipotizzato chi avesse più bisogno e abbiamo iniziato a chiamarli per sapere quali fossero le loro necessità.
Dopo qualche giorno, la situazione è peggiorata, le comunicazioni apportavano sempre più restrizioni e i volti che ci immaginavamo avessero bisogno erano sempre di più. Perché il tempo da soli non scorre, perché il tempo chiusi in casa con 4 figli è rumoroso, perché il pensiero di una malattia e della morte spaventa. Tutti.
Abbiamo ripensato cosa fare. Se le persone non potevano accedere al servizio forse noi potevamo, almeno con una chiamata, “muoverci” verso di loro. Il bisogno non era più del singolo, non era più nemmeno il fatto che ci fossero dei bisogni a cui dare risposte.
Si doveva contattare ogni famiglia e sapere semplicemente se era tutto a posto.

Abbiamo ripreso l’elenco delle situazioni in carico, i numeri di telefono. Ogni operatore ha definito chi chiamare prioritariamente. Le settimane di chiusura non erano più una o due…avremmo dovuto riorganizzare il nostro lavoro tra presenza e smartworking per diverse settimane.
Avremmo chiamato tutti. Cosi inizialmente un pò titubanti sono iniziate le telefonate.
-Buongiorno, come sta?-
La domanda inizialmente era un po’ titubante, quasi imbarazzata: famiglie fragili, in mezzo ad una pandemia di carattere mondiale, nella quale Tv, radio, social e giornali parlano solo di morti e ricoverati. Come poteva andare?
Invece quella domanda ha aperto, ad ognuno di noi, un mondo.
Un mondo fatto di dialoghi semplici, più legati al quotidiano che non ai progetti di vita futura.
Domande semplici e ascolto. Le persone desideravano chiacchierare con noi per non sentirsi sole, per spiegarci di cosa avevano paura. Certo qualcuno ha anche chiesto aiuto nella spesa, qualche soldo per arrivare a fine mese e che fine avesse fatto il reddito di cittadinanza che non era stato caricato…ma soprattutto raccontavano dell’amico malato, del figlio in struttura trovato positivo al tampone, raccontavano il dolore, la gioia di aver sentito i propri cari, di aver visto i parenti lontani tramite uno schermo.
Quel -Buongiorno come sta?- Ha permesso di non perdere il legame costruito in tanti anni, di far sentire alle persone una vicinanza, qualcuno le stava pensando e si interessava non solo della loro salute ma anche del loro benessere psicologico, sociale.
Si sono riscoperte così anche risorse che non si erano mai viste prima.
Un’operatrice dice una cosa interessante alle altre, durante una delle riunioni di equipe a distanza: “Sicuramente le persone non si ricorderanno per cosa le abbiamo chiamate, se per un modulo, una pratica o altro…ma si ricorderanno che in questo brutto periodo, qualcuno si è ricordato di chiedere loro come stava…”
E forse il lavoro sociale è tutto racchiuso qui, al di là di qualsiasi pandemia.

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